(di Patrizia Caiffa) – Un weekend per scoprire le bellezze nascoste dei Campi Flegrei. Con pochi euro e tanta meraviglia per l’abbondanza di siti archeologici e naturalistici poco conosciuti e valorizzati. E un po’ di rabbia per l’incuria e il malaffare che li circonda. A dieci km da Napoli, a due sole ore di viaggio da Roma. Le località da non perdere sono Pozzuoli, Baia, Bacoli, Lucrino.
Solitamente si passa per Pozzuoli di fretta, per imbarcarsi verso le più famose isole: Ischia e Procida. Eppure, questa penisola verde di macchia mediterranea costellata di piccoli laghi merita diversi giorni di visita. E’ unica al mondo perché giace su ben trenta vulcani inattivi o in stato quiescente. Non a caso Flegrei significa proprio campi “ardenti”. Molti vulcanologi ne temono un improvviso e catastrofico risveglio, profetizzando scenari apocalittici.

La zona più famosa è il vulcano Solfatara, che i romani dell’epoca imperiale indicavano come dimora del dio Vulcano e ingresso agli inferi. Un enorme cratere bianco visto dall’alto, un paesaggio irreale e potente. Da alcuni punti – rocce incandescenti gialle e rosse -, si alzano fumarole di zolfo bollenti e odorose: in passato venivano utilizzate per cure termali, insieme al fango che ribolle a 140 gradi e all’acqua termominerale, che si riteneva efficace per la cura della sterilità e delle ulcere.
Sorprende, all’ingresso, il pagamento di un biglietto di 7 euro destinato a privati anziché allo Stato: il vulcano Solfatara appartiene infatti ad una famiglia calabrese, i De Luca, che lo hanno ereditato. Nel lato sinistro del vulcano, all’interno del cratere, c’è addirittura un piccolo campeggio a pagamento dove non temono di sostare i turisti, soprattutto stranieri. Aggiornamento: il vulcano Solfatara è stato chiuso per un incidente accaduto il 12 settembre 2017, durante il quale ha perso la vita una intera famiglia. E’ ancora in corso il processo per stabilire le responsabilità.

Tutto l’opposto del fantomatico biglietto da 4 euro che si paga solamente il sabato e la domenica (gli altri giorni si entra addirittura gratis!) per visitare altrettanti siti archeologici romani gestiti dal Ministero dei beni culturali e dalla Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli: il Parco archeologico di Baia (le terme di Baia), il Museo archeologico dei Campi Flegrei nel Castello aragonese (sempre a Baia), l’anfiteatro Flavio a Pozzuoli e il parco archeologico di Cuma con l’antro della Sibilla Cumana. Quest’ultimo in realtà è chiuso a tempo indeterminato per mancanza di personale. Oltre al prezzo basso del biglietto che garantisce l’accessibilità dei beni culturali a tutti (ma non fa entrare nelle casse dello Stato i giusti introiti per garantirne la buona conservazione), colpisce che all’entrata del Parco archeologico di Baia ci siano due soli custodi ma non esista più la biglietteria. Per acquistare il ticket bisogna scendere di nuovo nella piazza di Baia e acquistarlo da gestori privati che hanno appaltato il servizio di recente, dopo l’uscita di un’altra società legata, guarda caso, al gruppo Mondadori.
Altro dettaglio sospetto: un cartello bianco annuncia con ufficialità ministeriale un appalto di 236 mila euro per lavori di recinzione, adeguamento, impiantistico e sistemazione dei percorsi. Ultimazione dei lavori prevista: 14/7/2014. A settembre 2014 il cartello era finora la sola ed unica opera compiuta. Dei soldi, nulla si sa. Un gran peccato, perché le terme di Baia, un complesso molto ampio e articolato, sono veramente suggestive. Da segnalare l’atmosfera magica del Tempio di Mercurio, con specchi d’acqua termale e giochi di luce dall’alto.

Orazio diceva che
“Nessun golfo al mondo risplende più dell’amena Baia”:
non è un caso che gli imperatori e i più ricchi patrizi romani ambivano costruire le proprie lussuose case di villeggiatura in questa zona. Molte di queste costruzioni sono ora sott’acqua, scivolate a sei-sette metri di profondità per effetto del bradisismo, il tipico fenomeno della zona con onde sismiche verticali. La Baia sommersa si può vedere, nei giorni in cui la visibilità del mare è buona, con una imbarcazione apposita gestita da una associazione (10 euro) oppure con immersioni subacque e snorkelling presso le guide locali autorizzate.

Ricco di statue e reperti antichi dai siti della zona è anche l’imponente castello aragonese che ospita il Museo archeologico dei campi Flegrei. La collezione è ben allestita e la struttura curata. Non si può dire lo stesso dell’anfiteatro Flavio a Pozzuoli, che al primo impatto propone una distesa di capitelli e ruderi ammassati alla rinfusa ma poi si svela in tutta la sua atroce e antica maestosità di luogo di spettacoli e dolore. Pozzuoli è, dopo Roma, l’unica città ad avere due anfiteatri e altrettanta ricchezza di rovine antiche.

Nella bella Bacoli si può vedere, previa chiamata telefonica alla custode che abita nei pressi e successiva mancia, un altro luogo molto suggestivo, immortalato anche nel film “Passione” di John Turturro che decanta le meraviglie di Napoli: la Piscina Mirabilis, una immensa cisterna sotterranea dove le milizie romane insediate nella zona immagazzinavano acqua potabile. Chiusa è invece una struttura simile, le Cento Camerelle. Ci si consola con un ultimo sguardo dall’alto del Lago di Averno, mitologico ingresso agli inferi.
Da qui si vede il Monte di Procida, il mare, le isole. Cene per tutte le tasche e gusti: dal ristorantino romantico con vista a Bacoli (da Caliendo) alla pizzeria verace nel bel centro di Pozzuoli (pizzeria Picea). On line si possono trovare buone offerte in hotel immersi nel verde (Hotel Tiro a volo), una rarità in una zona così densamente popolata.
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