Se qualcuno di voi ha in mente di fare, prima o poi, un bel viaggio in Birmania (ufficialmente si chiama Myanmar ma preferiamo il vecchio nome, come suggerito dal Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi), andateci presto. Perchè tra dieci anni, probabilmente, le atmosfere non saranno più le stesse e potrebbe assomigliare ad un grande parco giochi per turisti come è ora la Thailandia. Ecco alcuni consigli veloci e recentemente collaudati per un itinerario di 18 giorni di sicuro effetto, a puntate. Capitolo primo: Yangon (o Rangoon), la capitale.

Andate in Birmania da soli, in coppia, con gli amici. Minimo due settimane. Prezzi medio/bassi: non è economica come l’India ma nemmeno cara (1 euro è pari a 1200/1300 kyat). Preferibilmente da dicembre a marzo, quando il cielo è azzurro e la temperatura perfetta e senza umidità. Ma oramai con i cambiamenti climatici potete provare ad andare anche in altri mesi dell’anno.
Non “intruppatevi” nei viaggi di gruppo con guide locali che vi aiuteranno sicuramente a capire meglio i dettagli (l’inglese purtroppo non è masticato molto bene dai birmani) ma vi toglieranno il gusto di assaporare con i vostri tempi e le giuste emozioni la purezza e l’incanto dei luoghi ancora preservati.
Osservate, chiedete, cercate, meravigliatevi.
Questo è un periodo di rinascita per un Paese che sta uscendo da 54 anni di dittatura militare, ed è in un processo di transizione democratica grazie al coraggio e alla determinazione della leader della Lega nazionale per la democrazia Aung San Suu Kyi, che troverete rappresentata ovunque, tanto è l’entusiasmo popolare per la sua vittoria.
E’ pieno di giovani entusiasti della ritrovata libertà e delle possibilità che si aprono. La Birmania è anche un Paese con tanti poveri, o meglio impoveriti, ma ricco di risorse come petrolio, oro, pietre preziose, per cui l’apertura al mondo, oltre allo sviluppo, rischia di portare l’invasione di interessi capitalistici stranieri, speriamo non selvaggi.
Bastano due o tre giorni per visitare Yangon. Da non perdere – perchè è come se andaste a Roma senza visitare San Pietro -, è la grande Shwedagon paya, la pagoda d’oro il cui tetto in oro costellato di 4000 diamanti si può vedere da molti punti della città. Questo è il luogo più sacro della Birmania, frequentatissimo da migliaia di fedeli ogni giorno che vengono a venerare sacre reliquie, ad accendere candele, incensi, versare acqua sulle statue e donare fiori e soldi.

L’atmosfera è più religiosa che spirituale, ma qui comincerete a vedere i primi monaci con gli abiti arancioni e bordeaux (o rosa per le donne) che praticano il buddismo theravada, uno dei più tradizionali e rigidi nelle sue regole: chi entra nei monasteri può possedere solo la tunica e la ciotola per le offerte di cibo e denaro. La fila di monaci all’alba che percorrono le vie dei paesi per raccogliere il cibo è qualcosa di unico. Tutti i giovani birmani sono chiamati a trascorrere almeno un periodo della loro vita (in genere qualche settimana o mese) in monastero, per cui vedrete migliaia di monaci ovunque. Assolutamente simpatici e molto fotogenici da fotografare negli sfondi di oro, specchi e pietre preziose che troverete in tutti i templi che visiterete d’ora in poi. Attenzione però: nei luoghi troppo affollati di turisti ci sono schiere di giapponesi, coreani o reporter disposti a corrompere i pii giovani in tonache arancioni (che oramai hanno tutti anche telefonini e Ipad) chiedendo loro di mettersi in posa, con la luce giusta, in cambio di una sostanziosa mancia.
Passeggiando per le strade della capitale tra i decadenti palazzi coloniali, al porto o nel Byogioke market dove comprerete le tradizionali infradito di paglia o le chincagliere di giada o altre pietre preziose, vi stupirete per qualcosa che poi diventerà normale: tutte le donne, ma spesso anche i ragazzi, hanno impiastricciato sul viso la thanakha, una polvere di legno pregiato impastata con acqua su una pietra speciale, fino a farla poi diventare crema. E’ il loro make up, considerato bello ma soprattutto utile perché protegge la pelle da sole e intemperie.

Se volete rendervi conto di come vivono i birmani di città prendete poi un affollatissimo traghetto popolare per Dalah su uno dei dui fiumi che attraversano Yangon: vedrete donne con cesti di frutta tropicale sulla testa, bambini piccoli che vendono fragole, uomini che propongono pomodori arrosto o pollo fritto dall’aspetto minaccioso.
Tutti seduti su minuscole seggioline per bambini, anche noi. A Dalah non c’è nulla da vedere, tornate indietro subito perchè lo scopo era solo un suggestivo bagno di umanità.
Altri templi da vedere sono il curioso Buddha dormiente nel Chaukhtatgyi paya, costellato di diamanti sul volto, il Buddha bianco seduto nel Ngahtatgyi paya. Se volete spingervi più in là, passeggiate intorno al lago Inya dove Aung San Suu Kyi era confinata agli arresti domiciliari prima di vincere le elezioni a novembre 2015 (qui una intervista di b-hop all’esperta Cecilia Brighi) e formare il nuovo governo, che ha eletto da poco il nuovo presidente, l’economista Htin Kyaw, il primo civile dopo 54 anni di dittatura militare.
Per superare il mal di piedi che sicuramente vi verrà, fatevi fare una bella reflessologia al Seri beauty health per 9000 kyat (pari a 7/8 euro) o un massaggio birmano.

Per mangiare bene troverete delizie di pesce in uno dei ristoranti della catena Minn Lan o le aragostine con cipolla e i germogli di bambù con tofu al Danuphyu daw Saw Yi; pause pomeridiane in una delle tante tradizionali sale da thè dove non capirete nulla di quello che vi serviranno o sui tavolini dei tanti venditori di gustosissimo street food ovunque. Avvertenze per chi è alto: tavolini e sedie tutti in miniatura, a misura di bimbo.
Per dormire, le belle stanze di legno a finestroni e le atmosfere asiatiche della guest house Kaung Lay inn. Non mi smentirete.
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