Quarta e ultima tappa di questo viaggio di 18 giorni che ci ha portato a visitare alcune delle località più belle della Birmania (Myanmar). Dopo avervi raccontato Yangon, Mandalay e dintorni, e i templi di Bagan, dedichiamo gli ultimi scampoli di vacanza ad uno dei luoghi più affascinanti del paese asiatico, il lago Inle e la vicina grotta di Pindaya (Golden cave) per poi trascorrere gli ultimi due o tre giorni in meritato relax al mare, a Ngapali beach, sul Golfo del Bengala.
Si può partire da Bagan con un viaggio confortevole in bus (diurno o notturno) tra paesaggi assolati, boschi, palme, villaggi sonnolenti, carretti con buoi, mercantini, cave di pietra o gesso che impolvera di bianco tutte le case, curve pericolose tra una collina e l’altra. La meta è Nyaungshwe, la tranquilla cittadina che è anche il punto di partenza per le escursioni all’Inle lake.

Sempre in bici potrete fare il giro del lago tra i profumi della melassa della canna da zucchero lavorata da famiglie al completo. Sostare un pomeriggio alle hot springs, le sorgenti di acqua termale. Noleggiare una barca improvvisata per andare sull’altra sponda del lago e sbirciare da vicino la vita dei villaggi sulle palafitte.

Istanti di bellezza che via via saranno sempre più elevati, quando affitterete una barca che vi porterà per tutto il giorno a visitare la vita sul lago, gli orti galleggianti dove coltivano pomodori, zucchine e insalate, le barche dei pescatori che sembrano danzare come fenicotteri in equilibrio su un piede solo.

Immagini piene di oro, di luce, di purezza, in un luogo davvero fuori dal tempo. Le tribù del luogo (tra cui la minoranza Intha) sono ancora fortemente legate ai ritmi (armonici ma duri) della natura e delle sue acque.
Una purezza che si va via via contaminando con l’arrivo massiccio del turismo, con decine e decine di barche che partono al mattino e rientrano alla sera, come eserciti minacciosi armati di telecamere, macchine fotografiche e cellulari.
La barca vi porterà nei mercati su palafitte a scoprire la vita della gente, in templi grandiosi sul lago, nel monastero dei gatti che saltano (i gatti ancora ci sono ma non saltano più perchè i monaci sono pochi e non li addestrano), nelle piccole aziende artigianali dove si producono sigari profumati di miele e spezie, si tessono alla maniera antica filati preziosi con fiori di loto, o si fabbricano le tradizionali imbarcazioni in legno.
Allontanatevi dal lago, noleggiando una vettura con autista, per una gita di un giorno da non perdere: la Golden cave di Pindaya.
Ci si arriverà con gli occhi mai stanchi della troppa bellezza dei paesaggi. Campi dorati di grano curati con amore e tradizioni antiche dai contadini delle etnie Pa-o o Shan con i loro cappelli di paglia, immagini che abbiamo perduto nei recessi più antichi delle nostre memorie: tutti intorno alla trebbiatrice per mietere il grano, i covoni sulla testa delle donne, gli uomini su carri trascinati da enormi buoi. Unica differenza: il dolce make up di thanaka sui visi delle donne.

Lungo la strada alberi spettacolari di baniano, ficus che sembrano gigantesche presenze, coltivazioni di mango in fiore che profumano l’aria, di nocciole, distese di cocomori appena colti, terra rossa appena arata, colline gentili.
Nei villaggi, i soliti capannelli di bambini che giocano, donne che lavano i panni accucciate o che fanno la spesa ai mercati, uomini che partecipano ad un gioco simile alla dama.
Tutta la ricchezza delle risorse agricole della Birmania – oltre a quelle di minerali preziosi e petrolio – sembra concentrata qui, in una povertà dignitosa ma in un rispettoso equilibrio tra uomo e natura, senza scarti di plastica. Tutto pulito, limpido e in ordine. Ma quanto durerà?
Nella Golden cave di Pindaya (Shwe oo min), invece, non sai se raccapricciarti per l’enorme grotta di stalattiti e stalagmiti annerite e distrutte dalla presenza umana o se meravigliarti ancora di più per la presenza in alto, in basso, a destra, a sinistra, in ogni piccolo o grande anfratto, di oltre 8.000 statue di Buddha, vecchie e nuove. La battuta è quasi scontata: “Non sai più a che Buddha votarti”.

Meglio tranquilizzare la coscienza ecologica e scegliere la seconda opzione, giocando a perdersi in questi labirinti mistici o kitch, con le statue ornate di mantelline dorate, di lucine natalizie o illuminati da laser rossi, di tutti i materiali possibili: legno, pietra, marmo, grandi, piccoli, giganti, da scoprire entrando carponi nelle grotte più piccole.
Tra i nuovi ci sono quelli che di organizzazione buddiste o privati di tutto il mondo, perfino la compagnia Asian wings ne ha collocato uno “per proteggere i suoi aerei e i suoi passeggeri” (saggia scelta).
Tra le curiosità, nell’atrio d’ingresso appena fuori dalla grotta c’è un cartellone, in inglese e in birmano, con i vari stadi di evoluzione dell’anima e i peccati che, secondo la legge buddista di causa-effetto, mandano dritti all’inferno, dove un’ora dura quanto 50 anni di vita umana. Tra i peggiori elencati, uccidere un uomo gettandolo nell’olio bollente o nel fuoco.
All’ingresso della pagoda due grandi statue modello Disneyland rievocano la leggenda di sette principesse rapite da un Nat (divinità animista) malvagio camuffato nelle sembianze di un ragno e nascoste nella grotta, poi liberate dal valente e coraggioso principe Kummabhaya di Nyangshwe.
Dopo tutta questa bellezza sarete pronti, se lo vorrete, per due o tre giorni di relax sulla bellissima e tranquilla spiaggia bianca, a forma di mezzaluna, di Ngapali beach, sul Golfo del Bengala. Ci si arriva in aereo e si atterra in un aeroporto che non ha nemmeno il nastro per la consegna dei bagagli. I tassisti li caricano direttamente sulla propria vettura dalla pista.

Qui non c’è molto da visitare ma tanto da assaporare: le palme al vento, le fantastiche geometrie che lasciano i granchi bianchi sulla sabbia, il mare tiepido, le passeggiate, le cene di pesce, la frutta tagliata direttamente sulla spiaggia dalle venditrici, le donne che trasportano la legna sulla testa.
A questo punto desidererete non tornare più.
Invece, da ora in poi, tutto si trasformerà in magnifici ricordi, come questi che vi ho raccontato.

Leggi anche: Viaggio in Birmania, il paese delle pagode d’oro e dei sorrisi felici: Yangon (1)
– Viaggio in Birmania, il paese delle pagode d’oro e dei sorrisi felici: Mandalay e dintorni (2)
– Viaggio in Birmania, il paese delle pagode d’oro e dei sorrisi felici: i mille templi di Bagan (3)
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