Giulio porta i capelli corti e neri. Spesso legge gli oroscopi. Da quattro anni non guarda più film troppo impegnati. L’insoddisfazione è una piccola grande costante delle sue lunghe giornate cittadine. Altra compagna di vita, l’estenuante ricerca di un posto qualunque in questo mondo che gira che gira che gira. Scuola, università, lavoro, forse pensione. Gli insoddisfatti giocano a nascondino, non si sono mai fatti trovare.
A detta della psicologia, l’insoddisfazione cronica può dipendere dalla bassa stima che Giulio, da sempre, nutre per se stesso e per le proprie capacità. Soprattutto quelle attoriali. Leggendo i grandi classici della letteratura, Giulio si era però convinto che quella stessa insoddisfazione dipendesse invece, più semplicemente, dalla spiccata sensibilità che lo distingueva, quasi fosse un vanto, quell’animo letterario capace di cogliere le infinite contraddizioni di un mondo talmente egoista da girare sempre e comunque intorno a se stesso.
Giulio era stato troppo ambizioso, un tempo.
Poi aveva capito.
Anche Federica è insoddisfatta, di Giulio più che altro, eppure continua a volergli bene. Federica porta i capelli lunghi e non crede assolutamente a quello che viene scritto negli oroscopi. Lei vorrebbe soltanto che Giulio la prendesse per mano e la portasse via con sé, non proprio sposarla, le basterebbe che Giulio, l’insoddisfatto, prendesse qualche forma di decisione. Facesse il quadrato dei suoi pensieri, chiudesse il cerchio di un qualsiasi progetto comune.
Giulio non era mai stato un tipo deciso.
Questo lo aveva capito.
Quel giorno in cui era morto Robin Williams (l’attore, non il cantante), Giulio aveva avvertito, intimamente, un senso profondo di sconforto, tanto da non riuscire neppure a trovare il tempo per non uscire per una volta di casa e andare a cercarsi un casting qualunque in un qualche posto qualunque del mondo qualunque. Fare l’attore e potersi accontentare erano due cose per Giulio assolutamente inconciliabili. Così il tempo passava, passavano gli anni e ancora Giulio e Federica non erano riusciti a mettere da parte una lira per un affitto insieme. Federica aspettava quella decisione. Ma agosto sa essere molto freddo, se vuole, e di certo non può dare troppe alternative a chi non ha neppure il tempo o la voglia di spendere due soldi per andarsene un giorno intero al mare. Per riposare. Un giorno intero. Neppure quel giorno là, il giorno d’agosto in cui era morto R.W.
Nel corso della sua tipica vita precaria, nel corso dei suoi trent’anni già stanchi, Giulio aveva perso più di una volta qualcuno che amava. Amici, parenti. Come capita a tutti. La morte di un perfetto sconosciuto non poteva, apparentemente, destare in lui alcun tipo di sgomento. Eppure, in quel giorno d’estate come tanti, Giulio era finito a leggere la notizia della morte di R.W. (per tutti il professore di letteratura John Keating o “mister” Doubtfire o l’ultimo dei Peter Pan ribelli o chi diamine volete voi) con uno strano groppo annodato alla gola.
Dovremmo trovarci un lavoro!
Ce lo abbiamo già un lavoro, possiamo farcela anche così – ripete Federica con i lunghi capelli legati da un elastico sistemando il collegamento Skype appena dall’altra parte della stessa città di Giulio.
Non mi piace – fa Giulio – intendo un lavoro vero. Di quelli che puoi mettere nei curriculum. Capisci?
Perché mai?
È tutta la vita che faccio comparse.
E allora?!
Mmm…
Giulio, non sarai mica così stupido da voler fare tutto tutto tutto quello che la società si aspetta da te?! È quasi una settimana che non riusciamo neanche a vederci.
Giulio si sentiva in colpa per Federica e neppure lo sapeva.
Chiusa la pagina delle notizie riprende a leggere il suo oroscopo, sempre con lo stesso groppo annodato alla gola.
“Mork” aveva tenuto qualcosa di ben più stretto annodato alla sua, di gola. Suicida. R.W., com’era possibile?!
D’accordo la proverbiale tristezza del comico, va bene misurarsi nel solito cliché del clown infelice. Ma morire impiccato in quel modo tanto assurdo, togliendosi la vita con un laccio stretto, stretto, stretto intorno al collo, rende inutile qualsiasi tipo di discussione. Qualsiasi corsa al successo. Qualsiasi principio di soddisfazione. Non c’è più giusto o sbagliato che tenga. Né bene, né male. Caldo o freddo. Dolce e salato. Sacrifici, gavette, premi Oscar. Rimane soltanto lo spettro di un punto di arrivo, la sensazione straniante di un non ritorno, dopo una lunga corsa.
Giulio cerca da sempre, anche lui, un posto qualunque in quel mondo egoista che continua a girare sempre e comunque intorno soltanto a se stesso. Lavora, ripete, il mondo. Lo dice a tutti noi. Gliel’ha sempre detto, a Giulio. Produci, divertiti, non ti fermare. Corri. Ridi, ogni tanto. Lascia che qualcuno ti faccia ridere, mi raccomando, sorridi eh, lasciati emozionare.
Perché un film può cambiarti la vita. Perché un bravo attore è capace di farti sognare. Trova comunque il tuo posto nel mondo, e che sia “un posto qualunque”. Lavora senza sbadigliare, non cedere mai all’insoddisfazione. Ambizione ci vuole nella vita, ambizione! Ti porterà lontano. Bisogna sempre tentare, sempre provare, sempre cercare…
Giulio aveva sempre desiderato il suo posto qualunque nel mondo. Correndo come tutti dietro i suoi miti. In modo sbagliato. Quel giorno in cui R.W. si è tolto la vita, Giulio aveva cominciato a capire che un punto di arrivo è soltanto un punto di non ritorno.
Riposa in pace,
anche tu.
(Chicago, 21 luglio 1951 – Tiburon, 11 agosto 2014)