“Prima di conoscere la lingua cinese ero una persona di grandi interessi e di vasta cultura, che però non si conosceva e soprattutto non aveva molta stima di sé”: così si descrive Teresa Kozak, splendida 66enne ungherese, milanese di adozione. Dopo una lunga carriera in banca decide di rimettersi in gioco: invece di godersi la tanto desiderata pensione, diventa insegnante di cinese.
“Decisi d’iscrivermi ad un corso di cinese – racconta a b-hop – perché durante il viaggio in treno che mi portava a Vienna da mio fratello conobbi un signore cinese che lavorava a Milano: rimasi completamente affascinata dal modo di descrivere le sue abitudini. Pensai: questa è la mia strada”.

Tornata a Milano si iscrisse ad una scuola di cinese, 5 anni di studio, 4 ore a settimana. “Una volta terminati gli studi – prosegue -, per non perdere tutto il lavoro fatto, decisi di invertire la rotta e diventare a mia volta insegnante. La decisione non fu facile. Ma il fatto di insegnare gratis mi aveva tolto una parte di responsabilità. L’età media dei miei studenti va dai 55 in su. Sono fiera di loro, si appassionano molto alla lingua, soprattutto le donne. Riescono ad ottenere buoni risultati sia nella scrittura sia nel parlare”.
Per Teresa
“l’insegnamento è il mestiere più bello del mondo”,
con i suoi pro e i suoi contro: “Nel caso della lingua cinese bisogna capire l’enorme difficoltà che affronta la mente di una persona di cultura occidentale, quando si appresta a conoscere l’altra parte del mondo – spiega -. Insegnare una lingua agli italiani, è qualcosa di speciale. Una volta trovato il canale giusto per comunicare, apprendono così bene da ripagare tutte le fatiche fatte”.

Teresa invita a non fermarsi agli stereotipi quando non si conosce una realtà: “Consiglierei la mia strada a tutti coloro che hanno una forte motivazione all’insegnamento: penso che il cinese sia il presente. Ovviamente per comprendere una lingua nella sua completezza sarebbe bene recarsi nei luoghi dove nasce. Io sono stata in Cina tre volte e ho capito che i cinesi temono il dragone, amano mangiare fuori e preferiscono il colore rosso in quanto ben augurante. Ma vivendo a stretto contatto con loro ho capito che la Cina non finisce lì”.