Scegliere con consapevolezza il cibo che mangiamo può dar vita ad una rivoluzione. Perchè le scelte personali, oltre a migliorare la nostra salute, possono moltiplicarsi e avere un impatto sulla fame nel mondo, sul benessere degli animali e del pianeta. Specialmente se sono fatte con amore. “Scegliere ciò che mangiamo con consapevolezza è un atto rivoluzionario che può cambiare il mondo”. E’ questo lo slogan che riassume il senso del nuovo film-documentario Food reLOVution del regista e scrittore Thomas Torelli, già noto al grande pubblico per i suoi lavori indipendenti come “Un altro mondo”, “Zero: inchiesta sull’11 settembre” e altre inchieste originali. Il film sarà ultimato l’estate prossima, intanto è agli sgoccioli la grande campagna di crowdfunding lanciata mesi fa.
I recenti avvertimenti dell’Organizzazione mondiale della sanità, che ha sancito i pericoli della carne rossa, soprattutto insaccati, non aggiungono dunque niente di nuovo a ciò su cui Torelli sta lavorando da tempo, dall’inizio del 2013. Non per una battaglia tra vegetariani/vegani e carnivori. No. Il film vuole essere uno strumento di comprensione e di informazione, per aiutarci a capire l’importanza delle nostre scelte quotidiane, per non affidarsi solo ai dogmi alimentari imposti dalla società. Torelli ha incontrato in questi due anni e mezzo nomi illustri: gli autori (padre e figlio) del famoso “The China study” T. Colin Campbell e Thomas M. Campbell, l’attivista indiana Vandana Shiva, il filosofo Peter Singer, il medico e nutrizionista Franco Berrino, il fondatore di Slow Food Carlo Petrini e altri ancora ne intervisterà prima dell’estate prossima. Intanto continua instancabilmente a girare l’Italia e il mondo tra riprese, eventi e promozione. “Ho guadagnato decine di rughe in questi anni”, ironizza Thomas Torelli in questa intervista a b-hop. Il prossimo appuntamento sarà domani, 21 novembre, in un evento a sostegno della raccolta fondi organizzato dal Comune di Cerveteri. Intanto scopriamo…
Come è andata la campagna di crowdfunding che si conclude a giorni?
“Bene perchè in cinque mesi di lavoro abbiamo raccolto 29 mila euro. Ovviamente questo non basta per fare un film ma non mi posso lamentare, considerando che in Italia la media è di 2/3000 euro. Abbiamo raggiunto cifre interessanti grazie a pochi donatori che hanno donato tanto. Alcune associazioni hanno investito per diventare produttori associati, per un discorso di visibilità”.
Perchè sostenere questo film?
“Perchè è bello diventare parte del cambiamento, anche con un piccolo contributo. Il film, in questo modo, diventa anche un pò di chi dona, non solo dell’autore. Il fatto che moralmente un’opera indipendente possa essere realizzata grazie al sostegno di tante persone è un grande passo verso il cambiamento che tutti cerchiamo di creare”.
Qual è il messaggio principale che vuoi dare con “Food ReLOVution”?
“Con il film ‘Un’altro mondo’ la rivoluzione era ‘filosofica’ perchè partiva da dentro di noi, per cercare di diventare persone migliori. Con ‘Food ReLovution’ la rivoluzione parte da ciò che decidiamo di mangiare ogni giorno. E’ la conseguenza logica del film precedente: lì parlavamo di evoluzione delle coscienze, qui di evoluzione a tavola“.
A prima vista potrebbe sembra un film rivolto a vegetariani e vegani: è così?
“No. E questo sta facendo indispettire un pò alcuni vegani. Io faccio il film principalmente per chi non la pensa in quel modo e per fare questo bisogna cercare un approccio molto morbido e aperto, anche nella comunicazione. Non voglio giudicare nessuno per ciò che mangia, voglio mettere le persone in condizione di essere il più possibile informate, e attraverso l’informazione decidere correttamente”.
Non sarà quindi un atto d’accusa contro la carne rossa?
“Considera che ho girato il trailer nel 2013. Allora avevo un approccio molto più duro nei confronti di chi non la pensava come me. Il titolo originale era infatti ‘Serial killers’ perchè partivo dal presupposto che tutti quelli che mangiavano in un certo modo uccidevano sè stessi, gli animali e il pianeta. Dopo aver digerito sempre di più i messaggi che proponevamo con ‘Un altro mondo’ mi sono reso conto che un titolo così, che entrava nel giudizio, era un atto di separazione. Quello sarebbe stato un film per vegani, con il rischio che il film l’avrebbero visto solo loro. Non serve a nulla convincere chi già non mangia carne. Io voglio arrivare a chi va 5 giorni a settimana da Mc Donald’s, senza che necessariamente diventi vegano. Per me sarebbe già sufficiente se mangiasse la carne 2 volte a settimana. Per questo approccio ho dovuto cambiare tutta la comunicazione e cambiare me stesso rispetto al progetto”.
Come convincere gli ostinati e diffidenti carnivori a vedere il film?
“La campagna di comunicazione cerca di avere questo approccio: la nostra missione non è quella di giudicare ma di informare, poi con le informazioni ognuno fa quello che vuole. Un esempio: nel film ho intervistato Carlo Petrini, fondatore di Slow food, e il medico Franco Berrino, che non sono vegetariani. Quando ho messo on line il trailer sono stato più attaccato dai vegani che dai carnivori, perchè ho dato parola a due persone che loro definiscono ‘mangiatori di cadaveri’. Ma se io voglio far arrivare il film ad un carnivoro non posso far parlare solo i vegetariani, altrimenti diventa il classico manifesto vegano che non serve a nulla”.
Cosa ti sta insegnando questo film?
“In due anni e mezzo è cambiato tanto. Quando facevo le prime interviste cercavo di tirare fuori cose palesi, invece mi sono reso conto che chi parlava era molto più moderato di me, perchè questo percorso l’aveva già fatto prima. Io spero che ogni film diventi un contributo al cambiamento, alla rivoluzione delle coscienze. Se vuoi raggiungere questo obiettivo devi arrivare a più persone possibile”.
Domanda banale ma obbligata: sei vegetariano o vegano?
“In virtù di questa evoluzione cerco di non definirmi più, perchè la definizione ha creato separazione. Preferisco essere un consumatore consapevole”.
Cosa hai scoperto di nuovo parlando con grandi autorità nel campo dell’alimentazione?
“Sembra banale ma ciò che è davvero necessario è il buonsenso. Ascoltare il proprio corpo e fare ciò che facevano i nostri nonni; ciò che abbiamo sempre saputo. Berrino, ad esempio, nell’intervista mi ha detto una cosa bellissima: nel Vangelo è già scritto tutto; ‘troverai le sementi, le noci, per nutrire il tuo corpo’. L’Oms ha detto che le carni insaccate fanno male. Ma serviva l’Oms per saperlo? Questo è il buon senso. Ogni medico o studioso ha scoperto cose nel micro ma è inutile sponsorizzarne una in particolare, perchè sono tutte giuste, anche a seconda delle attitudini o del corpo di ciascuno. Non posso dire a una persona che ama la carne e non ne può fare a meno di diventare vegetariano: se dopo una settimana senza carne va in depressione e sta peggio, che senso ha? Ognuno deve fare il suo percorso a seconda di quello che sente”.
Tra i tanti approcci (medicine allopatiche, cinesi, omeopatia…) è difficile orientarsi sulla scelta dei cibi, perchè a volte uno contraddice l’altro. Come trovare una direzione?
“Non può essere il film a dire chi bisogna seguire, io non sono un guru in cerca di discepoli. Ognuno di noi ha dentro di sè le proprie verità. Se riusciamo ad ascoltare il nostro corpo il gioco è fatto. Gli indigeni dicono che noi occidentali ‘parliamo troppo e sentiamo poco’, nel senso di sentire con il nostro cuore e corpo. Ricominciamo a sentirci: in questo modo scopriremo cosa ci fa bene e cosa ci fa male“.