(di Maria Ilaria De Bonis) – Giada ama l’alta montagna, i rifugi, le valli, i cieli stellati e i camosci. Non le piace la routine e si è inventata un lavoro tutto suo che le consente di vivere sulle Alpi lombarde sia d’estate che d’inverno.
A 22 anni gestisce completamente da sola un rifugio a 1500 mt d’altezza, in Val Formazza. Incuneato tra Svizzera e Lombardia, a due passi dall’antico villaggio di Salecchio Superiore, abitato nel XIII secolo dai coloni walser, Zum Gora somiglia a certe illustrazioni fiabesche della nostra infanzia. Tutto legno, fiori, panorami mozzafiato e prati a non finire.
“La mattina mi sveglio alle 6 e mezza, preparo la colazione, guardando le montagne – racconta Giada Lora a B-hop – Poi riordino le 16 stanze e mi metto a cucinare per il pranzo. Di solito faccio la polenta con la carne o i formaggi. Posso ospitare fino a 50 persone nel prato all’esterno».
La casa in legno con i fiori ai balconi è incastonata tra la cima del monte Giove, Punta Clogstafel e l’Alpe Vannino.
Seguendo una delle escursioni si arriva al lago del Busin.
Zum Gora è raggiungibile solo dopo due ore di cammino da Salecchio, paesino a strapiombo sulla valle Antigorio, circondato da boschi di conifere e praterie.
D’inverno Gaia scende un po’ più a valle in un’altra piccola località dove fa la maestra di sci per adulti, ragazzi e persone con disabilità.
“D’estate qui al rifugio il lavoro è intenso, ma si tratta di una routine piacevole, diversa da quella di un impiego in un ufficio – spiega – Io ho studiato in un istituto tecnico, l’alternativa era andare all’università e lavorare magari nel settore delle energie rinnovabili. Ma ho scelto questo alla fine!”.
Durante il giorno prepara le stanze, nel pomeriggio cucina per la sera: “qualche volta faccio il riso, la carne con le verdure di stagione. Dietro casa abbiamo anche un orto“.
Giada fa tutto questo senza aiuto esterno, eccetto quello dei genitori che passano a trovarla ma solo nel weekend o quando ne ha più bisogno.
“Faccio la spesa una volta al mese, a Domodossola, ci impiego 45 minuti in macchina”, dice. Ma l’isolamento non le pesa. Ci sono alcune famiglie che hanno la seconda casa a Salecchio. E poi, i tanti ospiti del rifugio che si alternano.
“Quando ancora andavo a scuola ad Arona, sul lago maggiore, d’estate lavoravo in un rifugio e mi piaceva. Quando ho finito di studiare mi sono detta: perché non prenderne uno tutto mio? Ce n’erano svariati nei dintorni”.
I costi d’affitto non sono bassi, ma per ora Giada se la cava.
“Qualche volta i miei amici vengono a trovarmi e facciamo festa. I miei genitori sono disponibili e poi c’è mio fratello Davide, che ha 19 anni e alleva lama e alpaca – racconta – adesso gli animali sono qui da noi”.
Ma è tempo di emigrare: il rifugio di Giada da ottobre a maggio chiude. Arriva la neve, fa freddo ed è impossibile raggiungerlo anche per via del rischio valanghe.
“Da quest’anno sono anche insegnante di sci: ho preso il brevetto. Lo sci di fondo può essere insegnato anche ai disabili, anche chi non vede può seguire i miei corsi”, spiega.
La storia della val Formazza e delle colonie Walser è affascinante: se n’è occupato anche lo storico Enrico Rizzi che scrive: “è sospesa tra sud e nord” tra la Svizzera e l’Italia, “retta per secoli autonomamente, con il proprio tribunale valligiano e ‘rustiche magistrature’ democratiche”, ed ha sempre coltivato la sua indipendenza.
Fu un imponente movimento migratorio a portare i pastori walser in Val Formazza e a indurli a rifugiarsi a Salecchio, dove fondarono due colonie sotto la giurisdizione dei valvassori De Rodis.
Oggi Salecchio è un paesino praticamente disabitato per gran parte dell’anno, fatta eccezione per qualche pastore che alleva mucche e per chi d’estate gestisce attività per turisti come Giada e suo fratello.