(di Silvia Compagno) – Sono già entrati in azione in quattro regioni italiane i “nonni sociali” o “nonni di comunità”: circa 500 volontari over 65 a disposizione di un migliaio di bambini e famiglie in difficoltà.
È l’innovativa iniziativa dell’Auser, l’Associazione per l’invecchiamento attivo, radicata da trent’anni su tutto il territorio nazionale con oltre 44.700 volontari. Da un anno, Auser regionale Lombardia si è fatta promotrice di un progetto selezionato dall’impresa Sociale Con i Bambini, volto al contrasto della povertà educativa minorile.
“Possiamo definirli Nonni sociali o di comunità – spiega a B-hop Lella Brambilla, presidente di Auser Lombardia e coordinatrice nazionale del progetto – . Sono volontari dell’Associazione Auser che si mettono a disposizione della propria comunità per supportare, come se fossero nonni tradizionali, il percorso educativo e di inclusione sociale di bambini da 0 a 6 anni provenienti da famiglie con situazioni di fragilità: nuclei mono-genitoriali, stranieri, separati o divorziati, con difficoltà economico-sociali e di accesso ai servizi. I volontari si prodigano nell’accudimento tipico del nonno, esteso però alla comunità e a chi i nonni non ce li ha”.
All’iniziativa, della durata di tre anni, hanno aderito le sedi Auser territoriali di Toscana, Umbria e Basilicata, a cui si è unita una vasta rete di partner comprendente Comuni, cooperative sociali, l’Università Bicocca di Milano – Dipartimento di Pedagogia e l’Istituto degli Innocenti di Firenze.
La prima fase del progetto ha coinvolto i nonni-volontari in un percorso di formazione sulla gestione della relazione con i bambini.
Da febbraio è iniziata invece la seconda fase, con l’avvio delle attività di sostegno in tutti i territori, in collaborazione con asili, scuole, insegnanti, cooperative e amministrazioni comunali: integrazione oraria a servizi già esistenti o nascita di servizi ad hoc, come l’apertura di spazi informativi e ricreativi dedicati ai bambini e da loro utilizzati sotto la supervisione dei nonni e l’aiuto degli educatori.
Il progetto si esplica in maniera diversa a seconda delle peculiarità di ciascun territorio.
In Lombardia ad esempio, nei quattro comuni dell’hinterland milanese coinvolti, molte famiglie hanno difficoltà ad accedere ai servizi – seppur capillarmente diffusi – a causa degli alti costi o per ragioni culturali e/o mancanza di volontà, soprattutto da parte delle famiglie straniere. A ciò si aggiungono situazioni di violenza, detenzione e abbandono.
In Umbria e Basilicata invece, si interviene in zone caratterizzate da problematiche specifiche quali il terremoto e lo spopolamento, fino a toccare la denatalità.
“In questi casi, fornire servizi integrativi o supplementari (come quelli in risposta alla mancanza di asili nido) o forme di accompagnamento socio-sanitario – prosegue Brambilla -, aiuta sia i bambini che i genitori”.
“Garantire questo tipo di sostegno potrebbe infatti incentivare la natalità oltre che contrastare la povertà educativa”.
Nel progetto si lavora anche con i genitori, offrendo formazione ed occasioni di confronto su tematiche poco trattate nei territori, come vaccinazione e salute, sviluppo ed educazione del bambino, acquisto dei giochi.
“La speranza è quella di lasciare una traccia evidente di quanto fatto, mantenendo, anche dopo la fine del progetto, i servizi e le attività avviati”,
conclude la responsabile di Auser Lombardia.
Nei comuni lucani, i laboratori ludico espressivi, con valenza educativa, vertono su tematiche ambientali e sul gioco sano, coinvolgendo anche un’officina di artigianato specializzata in riutilizzo di materiali di scarto.
La fiducia trasmessa dagli interventi realizzati finora ha contribuito a far aumentare le adesioni: “Nei Comuni in cui i bambini sono pochi – aggiunge Nicola Coviello, coordinatore del progetto per la Basilicata -, la mancanza di servizi come gli asili nido viene colmata facendo affidamento sulla relazione di vicinato. Come Auser Basilicata, il tema che portiamo avanti è quello dell’inter-generazionalità, cioè il recupero della memoria creando un ponte tra le generazioni, che ben si sposa con il problema della povertà educativa”.
“In paese, una signora è diventata la nonna di tutti i bambini: quando passa, tutti la chiamano Nonna Maria!”
In Toscana, infine, nei Comuni del senese, le situazioni di bisogno individuate sono legate anche all’integrazione di famiglie straniere e al supporto a bambini con difficoltà linguistiche e psico-motorie.
“I nonni possono dare un apporto molto importante: fungono da collante tra la comunità, la scuola, i genitori”, precisa Simonetta Pellegrini, presidente dell’Auser territoriale senese: “Inizialmente tra i nonni c’era un po’ di paura, alcuni avevano lavorato come insegnanti, mentre altri avevano avuto esperienze solo con i propri nipoti”.
“I bambini sono rimasti contenti e attendono l’arrivo dei nonni con grande desiderio. Anche le famiglie sono soddisfatte”.
“Nonostante sia ancora presto per analizzare l’impatto sulla comunità intera – prosegue Pellegrini -, per ora siamo fieri dei riscontri positivi avuti anche dalle amministrazioni comunali. Contiamo quindi di andare avanti anche in futuro”.
Ciò che accomuna le varie esperienze territoriali è l’entusiasmo: tra i nonni-volontari, i bambini, i genitori e la comunità tutta.
“Sono davvero contenta ho sempre desiderato essere una nonna ma non mi è toccato”,
racconta Enza Marzocchi, volontaria di Auser Toscana.
“Pur essendo una cosa nuova per me – dice -, con i bambini siamo entrati subito in sintonia. Alcuni hanno difficoltà di apprendimento piuttosto gravi, mi viene una grande tristezza ma cerco di scioglierli, di aiutarli ad essere comunicativi, parlare, approcciarsi alla vita in maniera più diretta. Alla fine si sono affezionati!”
photo credits: Auser