di Giulia Clarkson – Con un’operazione coraggiosa, il Teatro Lirico di Cagliari ha aperto la nuova Stagione 2022 proponendo al pubblico un’opera rara e mancante, in Italia, da oltre settant’anni: Cecilia.
Azione sacra in tre episodi e quattro quadri, come la definì il suo autore, monsignor Licinio Refice, su libretto di Emidio Mucci, Cecilia è andata in scena per la prima volta il 15 febbraio 1934 al Teatro dell’Opera di Roma, affidata alla voce del soprano più celebre del tempo, Claudia Muzio.

Alla “Divina” che avrebbe ispirato Maria Callas, poi insignita dello stesso titolo, è succeduta l’interpretazione di Renata Tebaldi, prima a Napoli e poi, nel 1954, a Rio de Janeiro. Qui Refice morì, durante le prove.
Le vicende sono quelle note della martire di nobile famiglia che, nella Roma del III secolo, ha abbracciato la religione cristiana convincendo anche il novello sposo, Valeriano, a fare altrettanto.
Rifiutatasi di sconfessare la sua fede, assistita da ricorrenti visioni angeliche, fu decapitata dopo aver resistito alla tortura tra i vapori roventi del Calidarium per tre giorni.
Da qui il curioso, probabile abbaglio in seguito al quale Cecilia sarebbe diventata la Santa musicista e protettrice dei musicisti: nella messa a lei dedicata, le parole che indicavano gli strumenti di tortura incandescenti (candentibus organis) sarebbero stati trasformate in strumenti musicali (cantantibus organis).

In ogni caso, dal Medioevo ad oggi la storia della martire Cecilia ha ispirato tantissimi artisti: da Raffaello a Artemisia Gentileschi, da Scarlatti a Arvo Pärt, da Listz a Heinrich Von Kleist, e l’iconografia la mostra sempre assorta nel canto o presso uno strumento.

Musicalmente ricca di riferimenti piuttosto evidenti – Respighi, Strauss e Puccini su tutti – la scrittura orchestrale di quest’opera, che ha incuriosito il pubblico cagliaritano, è ricca di eventi miracolosi, colpi di scena altisonanti e istanti di preghiera e contemplazione.
Nel procedere, la solennità a tratti anche eccessiva si smorza fino a quando, nell’ultimo episodio, il dramma esprime momenti di forte tensione e si fa davvero coinvolgente.

Sempre all’altezza i cantanti e buona la prova dell’Orchestra guidata dal maestro Giuseppe Grazioli che ha restituito la ricchezza timbrica della scrittura, in cui risaltano gli importanti interventi del coro costretto, per ovvie ragioni, a indossare la mascherina nel corso di tutta l’opera, diretto dal maestro Giovanni Andreoli.
La regia, scarna ed essenziale anche per via delle pochissime indicazioni contenute nel libretto, è firmata da Leo Muscato.
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