di Patrizia Caiffa – Una tenda rossa e un semplice portoncino in una palazzina di montagna. Se non fosse per l’inconfondibile e fragrante aroma dei cereali macinati a pietra non diresti mai che quello è uno storico mulino ad acqua, costruito nel 1867. E’ l’unico ancora funzionante nel paesino di Cerete, in Val Borlezza, provincia di Bergamo.
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Siamo nelle Alpi Orobiche, nel bacino idrografico del lago di Iseo, tra il verde puro dei boschi e abbondanti acque cristalline. È una zona di collegamento tra la Val Seriana, la Val Camonica e la Val Cavallina. Una volta c’erano tanti opifici, segherie, forge, pestelli da corteccia per produrre il tannino necessario alla concia del pellame. I possedimenti della zona appartenevano alla curia di Bergamo.
E’ qui che cinque anni fa Flavio Vecchi, 52 anni, ha deciso di cambiare vita e diventare mugnaio. Tutta la famiglia lo ha seguito in questo sogno, tant’è che il figlio Mattia, 20 anni, lo aiuta nella manutenzione dei macchinari e riceve tutti i giorni i clienti nel negozio di famiglia sulla via principale del paese, dove vendono farine macinate nel mulino e altri prodotti derivati.
“Ho lavorato 23 anni in una fabbrica che produceva materie plastiche – racconta Flavio a B-Hop magazine -, ero responsabile di reparto e viaggiavo moltissimo tra Italia e Slovacchia. Un giorno mi hanno chiesto di rilevare l’antico Mulino Giudici, attivo fino agli anni ’90 e gestito da due fratelli, che qui vivevano con le loro famiglie.
Avevo voglia di cambiare vita e mi sono lanciato”.

Ora abita nei boschi con la famiglia, ha tre figli di 10, 15 e 20 anni, e paga un affitto ai proprietari del mulino.
Flavio è appassionato di panificazione e sa costruire forni a legna in terra cruda: non poteva perdere quella che definisce
“l’occasione della vita”,
per occuparsi della qualità della materia prima: frumento da grani antichi, mais, grano saraceno, miglio, amaranto, quinoa, legumi e farro monococco, il cereale più antico usato già nell’8000 a.c. in Mesopotamia. Tutto rigorosamente bio.

“Uso mais della bassa bergamasca e del Piemonte e grani antichi della zona, come il San Pastore. Oppure li compro in Sicilia, Cilento, Abruzzo”. La lista è lunga e piacevole all’orecchio (oltre che al gusto): Perciasacchi, Khorasan, Timilia, Maiorca, Saragolla, Senatore Cappelli, Solina… “Il prezzo al momento è slegato dalla borse dei cereali ma sta arrivando il business delle multinazionali anche qui, purtroppo”, commenta.
Il mulino si muove grazie alla spinta idraulica dell’acqua di risorgiva della sorgente che disseta Cerete. Quando viene a mancare l’acqua subentra un motore elettrico. Le macine in pietra (una fissa e una rotante) richiedono la presenza e l’attenzione costante del mugnaio, che deve controllare i tempi e l’esatto funzionamento del macchinario: “Se finisce il cereale è un guaio perché le pietre si rovinano e bisogna fare la ‘rabbigliatura’ a mano, con una martellina, per farle tornare lisce”.

Flavio ci spiega come avviene la molitura per trasformare il chicco di grano in farina, passando per il setaccio, chiamato “buratto”. La macinazione separa l’endosperma sotto forma di farina bianca, rimuovendo la crusca, ricca di fibre e sali minerali, che riduce il valore energetico e le conferisce un colore scuro, e il germe, ricco di acidi grassi polinsaturi. In questo modo si possono produrre farine più raffinate (00 e 0) che però mantengono solo i carboidrati, o farine di tipo 1 e 2, di migliore qualità nutritiva per la presenza della crusca.
“Noi produciamo e vendiamo soprattutto farine semi-integrali – precisa -. Per macinare un quintale di frumento ci vogliono 4 ore, per un quintale mais vuole circa un’ora e 10 minuti”.

Oltre alle farine prodotte e vendute da Flavio e Mattia in negozio, molte aziende agricole del territorio chiedono di macinare lì i loro cereali e trasformarli in farine. In estate a Cerete si organizza anche una bella festa agli antichi mulini con dimostrazioni delle tecniche di macinazione e rievocazione storica della trebbiatura.
Flavio organizza laboratori per insegnare ai bambini a fare il pane, poi cotto nel forno in terra cruda.

Tra qualche anno Flavio potrebbe passare il testimone al figlio Mattia, che ci accoglie nel bel negozio di famiglia:
“Quando mio padre mi ha detto: ‘cambiamo vita’ e ci ha chiesto un aiuto ho subito risposto con entusiasmo.
Lui ha sempre avuto la passione per il pane e i cereali e a me piace tanto stare in negozio, perché si incontra gente”.
Mattia studia materie plastiche in un corso post diploma e sta pensando all’ingegneria gestionale. I prossimi mesi saranno significativi per decidere del suo futuro.
Intanto si gode il presente: “E’ bello vivere qui, c’è pace, silenzio, è un paese tranquillo. E poi ci sono tanti giovani che ricominciano a coltivare la terra, ci portano i loro cereali da macinare…”. In autunno si vedrà.
– Questo reportage rientra nel progetto “Belle notizie in viaggio in Lombardia: alla scoperta di antiche arti e mestieri che rivivono grazie ai giovani“, con il patrocinio della Fondazione Cariplo.
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